Nella nostra era siamo oltremodo sommersi di opinioni – anche non desiderate – di esperti di ogni campo. Nel periodo in cui sto scrivendo, in quarantena a casa a causa del COVID-19 non è possibile accendere la tv o la radio senza ottenere numerosi pareri. Dell’esperto, naturalmente.
L’esperto di didattica a distanza, l’esperto di coronavirus, l’esperto di dirette Facebook, i consigli dell’esperto. Ma prima di poter definire “esperto” una persona, sappiamo che requisiti dovrebbe avere per essere considerata tale?
L’esperto chi è?
Non mi definirei un esperto di Linguistica, ma sono un dottore in linguistica. Questo sì. Ad ogni modo, ho abbastanza autorevolezza per scrivere a proposito dell’etimologia, dell’origine di una parola.
La parola esperto deriva dal latino expertus, participio passato di experiri ossia “esperire”. Esperire vuol dire provare, cercare, sperimentare. Questo verbo latino deriva dal greco antico πειράω, “tentare”.
Intenditore, bravo, competente, colto in materia, preparato, ferrato, navigato. Insomma, il senso comune del termine ruota tutto intorno a questi aggettivi. Come spesso però capita con le parole, ci sono delle sfumature che rendono la riflessione più profonda e interessante se sai soffermarti.
Tentar non nuoce
Come mi è capitato di sottolineare altrove a proposito del successo, c’è un elemento spaventoso che è alla base del progresso. Con progresso qui non mi riferisco alla tecnologia, ma all’evoluzione di un individuo. Con il rischio di sembrare didascalico, con evoluzione invece non mi riferisco a un canone comunemente riconosciuto di miglioramento (sociale, di carriera, etc).
Mi riferisco a seguire la propria strada, facendo.
Dicevo che c’è un elemento alla base del progresso di un individuo, e può causare spavento o ansia. Questo fondamentale è anche alla base del successo di un individuo. Parlo dell’agire. Del tentare. Del cambiare.
Il successo, che succede, è conseguenza di un’azione. L’esperienza, che ti fa esperto, è la conseguenza di tentativi ed esperimenti. Mai come qui ci sta bene uno schema molte volte presentato a vanvera e che sta a cuore a tutti i life coach. La rappresentazione grafica della curva di apprendimento:

La strada per la conoscenza è irta di ostacoli
Tentare, agire, far succedere le cose porta inevitabilmente al cambiamento. Che paura e che ansia! E se il premio fosse la conoscenza che ci consente di essere denominati, a ragione, esperti?
Acquisire la sicurezza necessaria per potersi definire esperto richiede il coraggio di attraversare tutte le zone della curva di apprendimento. Ma il percorso diventa inevitabilmente assuefacente.
Di cambiamenti si finisce per non esserne sazi, mai. Perché solo esperendo si capisce che prima si era stati fermi sempre nello stesso posto. Che può essere bello e rassicurante…ma di certo ti perdi parecchie cose, no? La copertina di questo articolo sperava di suggerire quindi un’idea ben chiara. Le mani, come metafora del fare, vanno messe all’opera. Pure se non amo i proverbi mi piace stravolgerli: Il sentire e il provare nobilitano l’uomo.
Ciao Ciro! Interessante articolo. Direi, che mi hai tolto le parole di bocca!
Il grado superiore della competenza teorica è la competenza eccellente. L’eccellenza (cioè la competenza esperta) si acquisisce solo sperimentando. Insomma: mettendo le mani in pasta. Solo così si può passare dalla conoscenza (sapere) al saper fare. Il passo successivo? Trovare strategie euristiche, fare appello alla creatività, nel senso autentico della parola.
Ma riavvolgiamo un attimo il nastro: prima di tutto la competenza! Ti confesso che prima di leggere questa tua interessante analisi sono passata da My Social Web. Ho dato un’occhiata ai tuoi titoli di studio. Perché non perdo tempo a leggere parole di chi si improvvisa e offre consigli senza una base culturale adeguata. E purtroppo il web è (troppo) pieno di esperti.
Mi permetto una battuta: la laurea è quella cosa che… non serve. Soprattutto a chi non ce l’ha!
Ancora complimenti.
Ahah, grazie Francesca. Soprattutto per la tua arguzia. oltre che per i complimenti
Questa è una riflessione ricorrente per me, forse non a caso già scrissi qualcosa di simile per il “successo”. La verità è che sperimento queste dinamiche su di me, come hai compreso con sguardo attento. Il punto è un altro però: se non avessi una laurea in linguistica e traduzione specialistica, avrei mai scritto questo post? Il mio blog esisterebbe comunque? E così via pensando a Sliding Doors. E quindi nel dubbio me la tengo stretta, soprattutto perché a me studiare cose belle è sempre piaciuto. E perché credo che il passato mi abbia portato qui dove male non sto.
Ottimo! Continuerò a seguirti. Anche io con i miei titoli stretti e tanta voglia di studiare, proprio come te. Buon lavoro.
[…] curare il tuo personal branding, se rappresenti una professionalità o un’azienda o sei un esperto dovresti evitare di inzeppare il profilo personale di persone sconosciute e aprire una pagina […]
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